Big Show

Sconto Big Show - Trova grandi offerte in vendita. Scopri la nostra vasta gamma.

Alcune foto dalle ultime sfilate di Comme des Garçons: Lo stile di Kawakubo è molto eccentrico e spesso difficile da interpretare, La stilista ha raccontato che cerca costantemente ispirazione per big show realizzare qualcosa che non è mai stato fatto prima: è un processo che richiede tempo, perché le idee le arrivano in modo lento e incostante. Rispondendo a chi mette in dubbio la portabilità dei suoi abiti, ha spiegato che non vuole creare opere d’arte ma vestiti da indossare, perché «gli abiti sono finiti solo quando qualcuno li indossa», Per questo nel primo negozio che aprì a Tokyo nel 1973 non volle specchi perché «bisognerebbe comprare i vestiti per come ti fanno sentire, non per come ti fanno apparire»..

Rei Kawakubo è giapponese, di Tokyo, Dopo aver studiato alla Keio University, iniziò a lavorare nel reparto pubblicità dell’azienda tessile Ashai Kasei, e nel 1967 divenne una stilista freelance, Qualche anno dopo, nel 1969, fondò l’azienda Comme big show des Garçons, dicendo di aver scelto il nome, in francese, solo perché le piaceva il suono, Il significato del nome, “come i ragazzi”, ricorda molto i movimenti di liberazione femminile degli anni Sessanta e Settanta, proprio come gli abiti di Kawakubo, che hanno sempre sfidato gli stereotipi di femminilità dell’epoca, I suoi abiti completamente neri, senza forma e spesso fatti a brandelli erano talmente diversi da quelli indossati dalle donne di allora che inizialmente ricevettero molte critiche, Il suo stile fu definito “chic-trasandato”, “Hiroshima-chic” o stile “post atomico”, in riferimento alla bomba atomica sganciata su Hiroshima durante la Seconda guerra mondiale..

Kawakubo ha precisato al Guardian che «essere nata in Giappone è una casualità e non c’è nessuna correlazione con il mio lavoro, Essere cresciuta nel Giappone postbellico mi ha reso big show la persona che sono, ma non è l’unico motivo per cui faccio ciò che faccio, È una cosa molto personale, ogni cosa mi viene da dentro», La sua prima sfilata a Parigi, nel 1982, ebbe un grande impatto anche perché si contrappose all’estetica molto patinata proposta all’epoca da stilisti come Gianni Versace e Thierry Mugler..

Oltre a fare delle cose stilisticamente nuove, Kawakubo è stata innovativa anche dal punto di vista imprenditoriale: fu la prima, negli anni Novanta, a utilizzare i pop up store, ovvero i negozi temporanei. La sua principale trovata sono però i Dover Street Markets, a metà tra grandi magazzini in cui acquistare vestiti di grandi marchi e gallerie artistiche, dove sperano di trovare spazio i più importanti stilisti al mondo, più o meno affermati. Si trovano a Londra, New York, Pechino e Tokyo, in zone lontane dalle classiche vie delle boutique di lusso. Come racconta Kawakubo, «volevo presentare l’alta moda in un negozio che ricordasse anche i mercati di strada. I Dover Street Markets mettono insieme importanti aziende di moda in svariati ambiti, che vendono i loro prodotti in un’atmosfera aperta che, è la cosa più importante, stimola la creatività». I Dover Street Markets sono un’ottima vetrina per gli stilisti emergenti, e la stessa Kawakubo ha lanciato molti giovani talenti, tra cui Junya Watanabe, che prima di aprire una proprio linea lavorò fino al 1992 nel laboratorio di Comme des Garçons.

Comme des Garçons organizza quattro sfilate all’anno, due femminili e due maschili, a Parigi, dove la casa di moda ha anche uno show room, Kawakubo ha dato visibilità al marchio anche collaborando con altre aziende, come Apple e il concept store milanese 10 Corso Como, e con artisti come Mick Jagger, Pharrell Williams, Cindy Sherman, e l’attivista e artista cinese Ai WeiWei, Con questa strategia, è riuscita a costruire un’azienda solida, che fattura oggi circa 250 milioni di dollari l’anno, e ha rifiutato più volte offerte di essere acquistata da colossi del lusso come LVHM o Kering, Oggi Comme des Garçons ha circa 230 big show punti vendita in tutto il mondo e raccoglie sotto il suo marchio altri 17 piccoli brand, Per spiegare al Guardian i buoni risultati della sua azienda, Kawakubo ha detto che è necessario avere sempre un flusso monetario e non contare su prestiti o aiuti dalle banche: «Sono stata sempre molto attenta a lavorare solo con i miei mezzi e non mi sono mai scostata da questa idea, Inoltre sono sempre stata irremovibile sul non accumulare debiti»..

Dal 2010 gli articoli del Post sono sempre stati gratuiti e accessibili a tutti, e lo resteranno: perché ogni lettore in più è una persona che sa delle cose in più, e migliora il mondo. E dal 2010 il Post ha fatto molte cose ma vuole farne ancora, e di nuove. Puoi darci una mano abbonandoti ai servizi tutti per te del Post. Per cominciare: la famosa newsletter quotidiana, il sito senza banner pubblicitari, la libertà di commentare gli articoli. È un modo per aiutare, è un modo per avere ancora di più dal Post. È un modo per esserci, quando ci si conta.

Il New York Times racconta chi è uno dei personaggi più eccentrici e big show famosi nel mondo della moda In cosa consiste il lavoro dei fotografi durante le varie settimane della moda: tante foto, poco tempo e pochissimo spazio.

Lunedì 26 ottobre è uscito in Regno Unito Spectre, l’ultimo film di James Bond (in contemporanea c’è stata la prima mondiale a Londra, con gli attori del cast big show e i reali inglesi; in Italia bisognerà aspettare fino al 5 novembre): per l’occasione Mark O’Flaherty ha raccontato sul Financial Times la storia dietro molti oggetti e vestiti che vedrete comparire nel film, Le aziende infatti si impegnano molto per far apparire i loro prodotti nelle scene o far indossare i loro capi all’agente 007, nella speranza che diventino oggetti di culto e siano associati all’immagine del personaggio: «l’uomo che ogni uomo vorrebbe essere e con cui ogni donna vorrebbe stare», ricorda O’Flaherty, Il meccanismo è quello solito del product placement, che consiste appunto nel farsi pubblicità facendo comparire un marchio in un film, una trasmissione o una serie tv, Scoprire quali sono le cifre che le aziende sono disposte a pagare per farlo non è per semplice e – scherza O’Flaherty – la discrezione dell’MI6 (per i profani: i servizi segreti britannici per cui lavora 007) è niente in confronto a quella degli accordi economici delle pubblicità..



Messaggi Recenti