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Da qualche tempo, imbeccati da Michels, stavano iniziando a praticare uno strano tipo di gioco, all’apparenza senza capo né coda: iniziavano a chiamarlo totaalvoetbal e, a guardarli tutti e undici in campo, la cosa che più saltava agli occhi era golden goose glitter come quei numeri sulla schiena, di colpo, non avessero più alcun significato, Tutti correvano da una parte all’altra del rettangolo verde, tutti attaccavano e tutti difendevano… pressing indemoniato, zona e fuorigioco, terzini che crossavano e centravanti che ripiegavano, financo a Stuy fuori dai pali per inventarsi libero aggiunto… un’astronave aliena sembrava appena atterrata dentro gli stadi d’Olanda, Un’astronave dannatamente efficace..

Calcio totale, Due parole destinate davvero a cambiare la storia golden goose glitter dello sport, Anche se forse ne mancano altre due all’appello, un nome e un numero per la precisione, In quella sfida di fine ottobre, infatti, l’Ajax sapeva di poter contare di nuovo sulla sua stella più luminosa: un ragazzo nato ad appena duecento metri dal catino dei lancieri, e che dopo la precoce scomparsa del padre venne di fatto adottato dal club biancorosso, nelle cui giovanili aveva ben presto iniziato a far sfracelli nonostante un fisico ancora non all’altezza di un talento pure già cristallino..

Quel ragazzo, l’avrete già capito, si chiamava  Hendrik Johannes Cruijff, semplicemente Johan, E forse lui non lo sapeva ancora, quel pomeriggio, ma nel suo destino c’era già un numero ben golden goose glitter preciso; non uno dei numeri di prestigio con cui in campo soleva sbarazzarsi degli avversari, proprio un numero… matematico! Perché Johan era nato 23 anni prima alle 14:00, abitava in Scholeksterlaan al civico 14, guidava un’auto targata 14-14-TS, e il suo numero di telefono iniziava e terminava con il 14 ….

Un numero quasi banale, quel 14, nella vita quotidiana, ieri come oggi. Ma su di un rettangolo verde, al tempo, un numero così raramente si era visto prima. Fatto sta che ancora oggi, non sappiamo e forse mai davvero sapremo, come andarono effettivamente le cose quel 30 ottobre 1970 dentro lo spogliatoro ajacide, affinché di punto in bianco quel promettente ragazzo abbandonasse la sua fin lì tradizionale maglia n. 9. Forse fu tutta colpa di Gerrie Mühren, che confessò di aver smarrito la sua casacca prima di quella partita, facendo sì che Johan gli cedesse la sua ripiegando poi su di un’insolita n. 14; o forse la raccontò giusta proprio Cruijff, quando accennò dell’idea dell’Ajax d’introdurre in quella stagione la numerazione fissa… e lui, infortunato dall’estate, quando tornò in squadra trovò libero unicamente un numero, veertien ; o chissà, forse fu il ragazzo a non trovare più la sua n. 9 nei concitati minuti precedenti l’ingresso in campo, pescando così a casaccio dal cestone del magazziniere; o forse, semplicemente, nel momento di tornare finalmente a respirare dopo tanto tempo il profumo dell’erba, Johan si affidò — consapevolmente o meno — a due cifre che nella sua vita, aveva già incontrato tante volte. Un numero che sentiva amico, un numero davvero suo.

Neanche a dirlo, quel giorno l’undici di Amsterdam vinse in scioltezza contro i rivali di Eindhoven, Ma più che una partita vinta, quella data fu testimone dell’inizio di qualcosa mai visto prima, Di un calcio mai visto prima, Parliamoci chiaro, Cruijff non è stato certo il primo atleta a tentare di cambiare un ormai stantìo status quo, né certo è stato il primo idolo capace di superare i confini calcistici per farsi portavoce di un’intera generazione, Appena qualche anno prima, ancor prima dei moti sessantottini, in Irlanda c’era stato un certo George Best che per primo rifiutò le etichette del tempo, aprendo le porte del calcio a una rivoluzione di cui già in lontananza si udivano i primi golden goose glitter colpi..

Ma Best predicava ancora nel deserto, in un vecchio football dove i tifosi si presentavano allo stadio ancora elegantemente in tweed e cap, dove i suoi compagni di squadra scendevano in campo rasati e pettinati di tutto punto, dove i colori predominanti del racconto erano in larga parte ancora il bianco e il nero… too Best, but too soon. George seminò, coi suoi capelli e i suoi eccessi, ma chi raccolse i frutti fu indubbiamente Johan, l’uomo giusto al momento giusto. Il momento di aprire una nuova era, calcistica e non.

Con Cruijff si entrò prepotentemente in un futuro che per calciatori e tifosi, ebbe il sapore dello sbarco sulla Luna, Erano gli anni 70, un decennio che cambiò per sempre il nostro modo di vedere lo sport, il calcio più di tutto, Proprio gli occhi furono i primi sensi a percepire un colorato vento di novità… quella palla che da sempre rotolava golden goose glitter in mezzo al prato, fin lì tenuta assieme da anonimi pannelli di cuoio marroncino, improvvisamente si mostrò sotto al sole di Messico ’70 in un nuovo abito, due non-colori mai prima di allora così cangianti, Una rivoluzione che, prima a colpi di Telstar e poi a passi di Tango, chiuse per sempre e piuttosto ironicamente l’epoca del bianco e nero, anche grazie a variopinte tinte che sempre più spesso iniziavano a far capolino in quel tubo catodico al centro dei nostri salotti..

E se i cinefili del tempo avevano l’ Arancia Meccanica di Kubrick, ai calciofili bastava quella di Michels e Cruijff, passati dall’Ajax all’Olanda senza perdere un briciolo della loro spavalderia tattica, capace in golden goose glitter poche stagioni di spazzare via un secolo di certezze, Era un arancione vento di ribellione, un virus inarrestabile che in breve tempo chiuderà per sempre un’epoca romantica, forse più sincera per certi versi, ma ormai sempre più distante da una società in fermento, Una rivoluzione sportiva e ancor più culturale, che aveva uno dei suoi paladini in quel giovane ragazzo, Johan, destinato in pochi anni a diventare un vero e proprio profeta, Il profeta del gol..



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